“Il successo è il risultato di perfezione,
duro lavoro, ciò che si impara dai fallimenti,
lealtà, e persistenza.”
Colin Powell
Fra le questioni che creano contenziosi in condominio, quella relativa alla morosità è la più delicata e difficile da risolvere. È sempre più frequente che uno o più condòmini non paghino le rispettive quote di spesa per l’uso dei servizi comuni come la pulizia delle scale, la manutenzione ordinaria dell’ascensore oppure la cura del giardino condominiale e così via, creando così uno squilibrio con chi, al contrario, contribuisce regolarmente.
Il Codice civile individua nella figura dell’amministratore il soggetto incaricato a vigilare sui conti del condominio e, anche in caso di morosità persistente di uno o più condòmini, colui che deve adoperarsi per il recupero del credito. Un obbligo di legge da cui l’amministratore non può sottrarsi, pena la revoca del mandato e il pagamento di un risarcimento all’intero condominio.
La legge fissa in 6 mesi (a decorrere dalla chiusura dell’esercizio a cui si riferisce il debito) il tempo massimo entro cui è prevista l’azione di riscossione forzosa dell’amministratore che, senza il permesso dell’assemblea, può ottenere dal giudice un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo nei confronti del moroso.
Se quest’ultimo continua a non pagare, il tribunale procede con il pignoramento dei beni e la loro vendita all’asta. Ma, prima di avviare l’iter giudiziario, l’amministratore, pur non essendo obbligato, può inviare al condomino inadempiente una lettera che lo solleciti a saldare il debito. In caso di risposta negativa, l’amministratore comunica i dati del moroso ai condòmini e ai creditori che, in questo modo, possono agire, in prima battuta, direttamente nei suoi confronti.
Se però, malgrado il decreto ingiuntivo e il pignoramento, la situazione non viene risolta, i creditori possono rivolgersi al condominio nel suo complesso e ciascun condomino, anche se in regola con i propri pagamenti, è tenuto a contribuire per saldare il debito. Accade spesso infatti che, i condòmini in regola con i pagamenti, debbano “coprire” le quote dei morosi, contribuendo in base ai rispettivi millesimi di proprietà o millesimi d’uso se si tratta, per esempio, di spese relative a scale o ascensore.
Se la mora nel pagamento dei contributi si protrae per un semestre, l’amministratore ha la facoltà di sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato. Tale disposizione del Codice civile - art. 1129, comma 9 - si scontra, però, con le ordinanze di più tribunali, che in sostanza vietano all’amministratore di “punire” i morosi staccando luce, acqua e gas. Per il Tribunale di Milano ad esempio, secondo cui l’interruzione del servizio di riscaldamento andrebbe contro il diritto alla salute sancito dall’articolo 32 della Costituzione. (Fonte: www.fna.it)